Presìdi di Slow Food nascono per il recupero e la salvaguardia di piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall’agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dall’omologazione. I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta.

Presidio Slow Food

Presidio Slow Food

Il carciofo di Montelupone

In provincia di Macerata cresce il Carciofo di Montelupone, noto anche come “scarciofeno”.
Di colore violaceo con striature verdastre, ha dimensioni più piccole rispetto alla media e non ha peluria interna né spine esterne. Caratteristico dell’omonimo comune, è una varietà tardiva e si differenzia in due ecotipi: la varietà precoce con foglie dal contorno gentile (non seghettate) e più produttiva si raccoglie dalla fine di marzo; l’altro ecotipo ha foglie più seghettate, una dimensione della pianta più piccola e si raccoglie più tardi.
Quando la pianta è giovane, arriva a produrre dieci capolini (inflorescenze del carciofo), ma dopo qualche anno scende ad appena quattro. A causa di questo rapido calo produttivo e della resa più bassa della media (5,5 tonnellate per ettaro, a differenza, per esempio, del romanesco che arriva a 10 tonnellate), il carciofo di Montelupone è conosciuto solo a livello locale ed è distribuito in una zona limitata, nonostante la sua altissima qualità.
Tuttavia, grazie al gusto saporito e molto dolce, è protagonista di molti piatti tipici, come le tagliatelle ai carciofi, i carciofi fritti e i carciofi alla giudìa. Storicamente, a Montelupone, i primi capolini, quelli più grandi, sono cucinati in padella interi con finocchio selvatico, foglie di aglio fresco, varie erbe aromatiche locali, olio, sale e vino bianco, mentre i capolini più piccoli sono scottati e poi messi sott’olio.

Disciplinare Slow Food

I produttori del Presidio sono riuniti nell’associazione “Produttori del Carciofo di Montelupone” che si è dotata di un disciplinare in linea con la filosofia di Slow Food, prevedendo il divieto dell’uso di concimi e diserbanti chimici di sintesi, di ormoni e di altri stimolanti della crescita. Tra una coltivazione di carciofo e la successiva, inoltre, è necessario reintegrare la fertilità del suolo, coltivando per almeno due anni specie vegetali ad azione biocida come ad esempio alcune leguminose. Il concetto di “Buono, Pulito e Giusto”, delinea una nuova qualità che i prodotti alimentari dovrebbero raggiungere: le tre caratteristiche fondamentali, inscindibili e strettamente correlate che un cibo deve avere per poter essere accettato come un cibo di qualità.Il Buono attiene alle caratteristiche organolettiche, alla gratificazione del palato, ma anche ad una connotazione culturale rispettosa dell’identità di territorio.

Il Pulito indica la sostenibilità di un alimento in tutte le sue fasi di lavorazione, dalla produzione delle materie prime al suo consumo, passando per la sua trasformazione e la sua distribuzione.
Il Giusto, infine, è attinente alla sfera della giustizia sociale: troppi lavoratori sono sfruttati nel mondo del cibo, troppi contadini non ricevono il giusto per ciò che fanno, sia da un punto di vista economico che sociale.

Tutti hanno interesse, al di là della mistificazione pubblicitaria, ad un cibo genuino, fatto di elementi non inquinati dalla chimica, uscito da un ambiente salubre, dove l’attività dell’agricoltore esalta e non mortifica la creatività e le dinamiche naturali.